Per essere artisti ci vogliono due requisiti: uno sguardo capace di stupore e un cuore aperto all’inquietudine. Luciano ha questo sguardo e questo cuore.
Luigi Ciotti
Lo stato di Oaxaca si trova nel sud del Messico, a ovest del Chiapas e non lontano dal confine con il Nicaragua. Nell’area sud-occidentale è popolata dagli indigeni Triqui, circa 23.000 persone. Più precisamente, vivono in una regione montuosa chiamata “La Mixteca Baja”, la più povera dello Stato. La regione è a sua volta divisa in tre aree: quella di Copala è quella più meridionale.
Nel 1826 i Triqui avevano ottenuto lo status ufficiale di “municipalità libera”. Per oltre un secolo avevano vissuto in pace e autonomia. La situazione cambiò nel 1948, quando il potere viene preso da partiti che, negli anni seguenti, perdono ogni collegamento con la popolazione Triqui.
Il 21 gennaio 2007, a San Juan Copala, i Triqui hanno dichiarato la loro autonomia dal governo centrale. Dalla dichiarazione di autonomia del 2007, il governo messicano ha portato avanti una politica irrispettosa e di distruzione dei Triqui di San Juan Copala, con l’aiuto di due organizzazioni politico-paramilitari: l’UBISORT-PRI e il MULT-PUP.
Teresa Bautista Merino e Felicitas Martinez Sanchez sono due giovani donne che vogliono dare voce alla propria gente. A Radio Copala, nella città rurale di San Juan Copala, nel gennaio del 2008 inizia così La voce che rompe il silenzio. È una trasmissione dedicata ai gruppi indigeni locali Triqui, con programmi in lingua Triqui e in spagnolo. Gli argomenti trattati sono vari, da attualità politica a salute, istruzione, eventi culturali.
Ma la voce che rompe il silenzio dà fastidio.
Il 7 aprile 2008 Teresa e Felicitas sono in viaggio verso Oaxaca City, per partecipare al Forum Nazionale per la difesa dei diritti degli indigeni. Dovevano tenere un workshop sui media comunitari come mezzo di lotta per le comunità rurale.
Ma l’auto su cui viaggiano viene assaltata. Felicitas e Teresa vengono uccise, altre persone rimangono ferite. Felicitas aveva 20 anni, Teresa 24 ed era incinta di quattro mesi.
I loro assassini, ancora oggi, alla fine del 2014, sono impuniti.
Il mural di Luciano Valentinotti, realizzato nel 2009, dipinge anche nella tragedia la forza della vita, della speranza che non si piega alla violenza e all’ingiustizia, che non smette di credere che l’uomo possa essere di ogni uomo fratello. Il racconto diventa così l’epopea non soltanto di questa comunità ma di tutta quell’umanità che lotta contro i soprusi, la voce che rompe il silenzio di tutti coloro a cui la violenza vuole togliere la voce.